sabato, Luglio 27, 2024

Il nostro Publio

Nel cielo, sopra alla villa del Viti, alla cicogna le ho detto: “Ora scendo!”

Publio in una foto da bambino

Publio Terramoccia nacque il 1 Gennaio 1922 a Porto Santo Stefano in Corso Umberto 1, oggi Via del Molo al numero 35 da Zeurino e Teresa Loffredo. Il padre era un comandante di medio-alto cabotaggio e questo lo portava a stare lunghi periodi lontano da casa e, come in quasi tutte le famiglie di marinai, erano le mamme a dover crescere i figlioli. La madre nasceva in una delle famiglie più in vista del molo conosciuta come quella “degli Scipioni”. Aveva un fratello più grande, Ermenegildo e una sorella più o meno della stessa età. Quest’ultima era la mamma di Nida, Coca e Pietro Ballerano, vincitore dei palii ’45-’46-’47 e riconosciuto su questo sito come il più forte vogatore di tutti i tempi del rione Pilarella.

L’epidemia spagnola che falcidiò l’Italia dal 1918 al 1920 purtroppo colpì forte anche Porto Santo Stefano e tra le vittime ci fu anche la giovane moglie di Ermenegildo che lasciò ben tre figli in tenera età: Elda , Tonino e Alda. Teresa, seppur scossa, corse immediatamente in aiuto del fratello e con tutto l’amore che aveva si prese cura dei nipotini che, con il trascorrere degli anni, per Publio e Zilia non furono cugine, bensì sorelle.

Non è mia intenzione andare oltre con la biografia, per questa vi rimando alla Storie dell’altro secolo: L’ombellico del mondo del collega Una rotonda sul mare ma mi limiterò a raccontare a chi non l’ha conosciuto qualcosa di più del lato artistico il più delle volte non riconosciuto dalle generazioni venute dopo di lui. Se ne servivano a loro comodo ma tante volte gli ho sentiti commentare che non aveva voce, che i suoi testi l’avrebbe potuti scrivere chiunque, che cantava le sue canzonette in romanesco e non in santostefanese . E il più delle volte era gente, che come me, gli stava intorno, che gli era amico.

Riproduzione a colori con acquerelli di una famosa cartolina anni 20. Publio diceva che la signora con le brocche era sua madre

Nelle sue canzoni si trova stile, arguzia, metrica, umorismo, grande conoscenza del mondo, uniti a quella peculiare essenzialità che spesso rappresenta il tocco di classe. Ciò che sto per scrivere rappresenta il reale valore artistico di Publio. Un fatto avvenuto per puro caso ma degno di nota.

In un estate di inizio secolo il comandante, filosofo e storico locale Vittorio Ballini si trovava in crociera alle Isole Tremiti e, quando i signori lasciarono la barca per alcuni giorni in attesa del loro ritorno si ormeggio’ nel porticciolo di San Nicola. Destino volle che trovo’ posto a murata dello yacht “Brilla & Billy” il cui proprietario era Lucio Dalla. Caratterialmente molto simili, amanti entrambi della cultura dell’ antica Grecia, i due si presero subito in simpatia e passarono alcune serate insieme ad alcuni amici del posto. Una sera a bordo di Vittorio ed una da Lucio. Ai fornelli sempre Vittorio che si sbizzarriva con i pesci che gli ospiti gli portavano. Una di queste sere, una falanghina dietro l’altra, Vittorio che era anche incaricato a curare alla colonna sonora, dopo un Al Bano, un Juan Manuel Serrat, un Placido Domingo, un Mario Lanza ebbe l’idea di mettere un cd che Publio gli aveva regalato. Dalla che fino ad allora non aveva mai commentato i gusti musicali di Vittorio, questa volta, dopo un po di minuti che il disco scorreva, gli chiese chi fosse che cantava. Avuto in risposta che era un cantastorie suo paesano chiese se poteva conoscerlo in quanto lo trovava molto interessante e magari sarebbe stato bello poterci lavorare sopra ma, quando venne a conoscenza che aveva più di 80 anni con rammarico lasciò perdere ma ciò non toglie il grande riconoscimento venuto da uno dei giganti della musica italiana del novecento.

Publio con Spalletta e Lardò

Vivendo a Roma, quando tornava in paese, Publio tesseva una rete di rapporti con i personaggi del luogo nelle cantina e ritrovi oggi scomparsi e dimenticati dove ancora si poteva percepire l’anima antica e il gaudente respiro dionisiaco del paese. Le giornate le passava conversando piacevolmente in un bar della fortezza o del valle con pause riposanti, come passeggiate in una giornata di sole per i vicoletti del paese sempre alla ricerca di nuovi scorci accattivanti ed immortalarli con la sua preziosa macchina fotografica da cui non si separava mai. Una volta mi disse: “Camminavo e pensavo che questa è la realtà del paese! Molto più semplice. Molto antica. Non è il Bar Centrale dove ci trovi il jet-set nazionale ed internazionale e non è nemmeno Villa Viti dove fanno le feste quelli che si credono il jet set paesano. Lo sa bene Vaporino. Lo sa bene il Grancio. Lo sa bene Bazzino. Sono queste casette di pietra con il vigneto, con la cancellata di legno o di ferro, le terrazze dove si passa il tempo in pace tra odori di terra e di erbe selvatiche buttando un occhiata al mare e una al cielo, dove quasi sempre brilla un sole meraviglioso”. Da vero intenditore del luogo, era solito prendere le ferie in autunno o in inverno quando si avverte il senso di una vita più intima, senza esibizionismi e teatralità. E’ allora che il promontorio diventava per Publio un laboratorio di esperienze umane e di ispirazione, quando si offriva nudo, con le vigne in disordine e sbattuto dal vento che risaliva dal canale secco e sferzante, struggente nei suoi panorami malinconici, le strade deserte, le ville silenziose, i vicoletti di pietra che odoravano di mele cotogne e caprignosi arrosto. A pranzo e a cena aveva sempre l’ imbarazzo della scelta.A pranzo e a cena aveva sempre l’imbarazzo della scelta. Se lo litigavano per averlo a tavola. Portava allegria. Una volta da Elda, una da Zilia, una da Alda, una al ristorante da Tonino. Ma anche da altri conoscenti con cui aveva passato l’ infanzia e la gioventù.

Una sera fummo invitati a cena da amici su all’Appetito. Era subito dopo che fu costruita la nuova piazza. Tornando a casa mentre scendevamo una delle tante scalinatelle del centro storico si fermò di botto ed in modo solenne, guardando il cielo stellato disse: “Porto Santo Stefano è qui, non in piazza. Noi siamo gli ultimi continuatori di una grande tradizione! “. Mi piacevano quelle frasi che, con poche parole, dicevano tutto e sopratutto dicevano la verità: ” Il molo è bello con i guzzetti non con i panfili “.

Una cosa gli ho sempre rimproverato ed è l’aver coniato la parola “paesello”. Non mi piace, la trovo odiosa. Non la uso mai e non mi piace chi la usa che è la maggior parte. Lui naturalmente non era d’accordo. Il suo amore per il paese era senza dubbio amplificato dalla lontananza che nelle serate invernali lo portavano a scrivere le liriche che oggi fanno parte della storia del paese ed a dipingerne ogni angolo, anche il più nascosto. Ma ha amato anche Roma. Il suo lamentarsene faceva parte del personaggio. Quando era in paese diceva che non se ne sarebbe voluto più andare, ma se lo andavi a trovare nella capitale conoscevi un altro Publio. Se non gli parlavi tu di Porto Santo Stefano lui non ne faceva cenno. Ti dava tutto il suo tempo facendoti scoprire le bellezze di Roma, i posti e gli angoli che amava di più, anche Piazza del Quirinale che definiva un puro De Chirico. Diceva di amarne la luce, la chiara luce romana che batte sulle architetture e sulle pietre barocche. Poi in trattoria, di quelle casarecce dove pagava sempre lui.

Sono certo che verrà il giorno in cui il nostro Publio e la sua arte verranno rivalutati per ciò che meritano e a farlo saranno i giovani, magari quelli che dovranno ancora nascere; ma per far che ciò accada, bisogna che tutto il suo materiale non vada disperso ed è per questo che mi also in piedi ed applaudo all’iniziativa portata avanti dai redattori di Pilarella.com

W Publio.

Romanzo Pilarellaio

Articoli di pilarella.com relativi a Publio:

Gli articoli della categoria “Publio nostro”, nei quali  sono catalogati ed analizzati i testi di alcune delle sue canzoni più rappresentative

Nel 2019, a dieci anni dalla scomparsa di Publio, il mondo del palio gli ha reso omaggio dedicandogli lo stendardo della 78esima edizione del Palio Marinaro dell’Argentario, realizzato da un’altra figura storica del nostro rione, Elio Loffredo. Lo stendardo dedicato a Publio, nato il primo giorno dell’anno nel 1922 e scomparso l’ultimo giorno del calendario santostefanese, il 15 agosto 2009, è stato di buon auspicio per i nostri ragazzi.

Lo stendardo è difatti arrivato in via del Molo, dove è stato esposto nei giorni successivi, esattamente nel balcone di Publio nella casa di via del Molo 35.

 

 

 

 

Di seguito una playlist con alcune delle canzoni di Publio