venerdì, Marzo 29, 2024
ArticoliLe nostre origini

I naprtani: tra storia e leggenda

“Pe lu Pate, e lu Figlie e lu Spiritussante”.
Vincenza si segnò con l’acqua ‘e mare e, con il piccolo Francesco stretto a se, prese la mano di Rosina e salì sulla bilancella dove la stavano aspettando Carmine e il figlio Santi di otto anni: “Vice’ nun abbiate timore – disse il giovane uomo quasi a volerla rassicurare – comm ce à simme cavata ca, ce la cavamme pure ‘e là“.
I primi raggi di sole cominciavano a spuntare dal lato del Vesuvio che degrada verso Pompei. Seguiti dallo sguardo attento di Carmine illuminarono prima Napoli, Ischia e Capri e, a seguire, Punta Campanella, la costiera sorrentina e infine, diradando le ultime ombre della notte, resero distinguibili le persone che dalla banchina di Portosalvo, sventolando fazzoletti bianchi, gridavano: “A Maronna v’accumpagna, a Maronna v’accumpagna, a Maronna v’accumpagna!“.

Carmine sapeva bene che il momento di distacco portava spesso i più indecisi a rinunciare a partire, così appena vide le prime lacrime rigare il volto di Vincenza, diede ordine a terra di mollare gli ormeggi e si allontanò immediatamente. Mise la barra a dritta, alzò la vela e, quasi per farsi lui stesso coraggio urlò con tutta la voce che teniva: “Forza che stanotte già stamme a Procida” e poi sottovoce al figlio più grande : “Fa l’omme tu, nun chiagnere“.
Il fruscio della vela al vento coprì voci e singhiozzi.

Trascorsi diversi giorni di navigazione, finalmente una mattina di luglio 1876 la bilancella di Carmine attraccò al molo del Porto Vecchio di Porto Santo Stefano e ad aspettarli sulla banchina trovarono alcuni loro paesani che li avevano preceduti nel viaggio della speranza e che erano a conoscenza del loro arrivo. La giovane coppia prese possesso di un basso che si affacciava sulla marina di piazza, alla destra dell’ attuale Via Cappellini (nella foto) e, arrivati con “solo” tre creature, si dettero da fare per incrementare la famiglia, così ai corallini Santi, Rosa e Francesco seguirono i sarracchiai Anastasia, Gaetano, Giulia, Giuseppa e il piccirillo Augusto nato nel 1889, ben venti anni dopo il primogenito.
Carminiello era un abile pescatore che, per la stagione della pesca alle sardelle e acciughe, armava la bilancella a menaita con la quale, insieme ai figli, andava a pescare nei dintorni dell’Argentario, nel canale del Giglio toccando Giannutri, Montecristo, le Formiche fino alla foce del fiume Ombrone. Vincenza era una giovane allegra, creativa, solare e le bastò un giorno per inserirsi nella comunità santostefanese. Le sue doti, da vera artista di strada, vennero a galla alcuni giorni dopo il loro arrivo, quando, per le feste del Santo Patrono era in programma il concertino dei musici che, in piazza, stavano accordando gli strumenti abbozzando “Michelemmà“. Fu allora che Vincenza cominciò a canticchiare con voce stupenda: “E’ nata mmiezzo u’ mare Michelemmà, è nata in mmiezzo u’ mare Michelemmà Michelemmà” Un altra voce dialettale si unì alla sua e poi altre ancora, fino a quando tutte le persone intorno alla spiaggia si strinsero in cerchio mentre Vincenza, con il cemboletto in mano, accennò passi di danza.
Al canto si unirono i musicanti con chitarre, tammurielli, triccheballacche, putipù e scatavajasse, dando così alla tarantella un ritmo ben marcato.

Il vecchio pescatore che sta panneando la rezza con il nipote è Francesco “Ciccio” Della Monaca, terzogenito di Carminiello e Vicenza. Si sposò con una cugina di Pozzuoli, anche lei Vincenza Maria Maddaluno, ed ebbero ben 10 figli, ed un infinità di nipoti dei quali molti divennero protagonisti indiscussi del Palio Marinaro. Il primo che però salì alla ribalta fu Bruno Della Monaca figlio di Augusto e Francesca De Martino che, nel ’45-’46-’47 vinse tre palii come capovoga nella Pilarella. Al momento l’ultimo, in ordine di tempo, è Leonardo Perillo, pronipote di Giuseppa Della Monaca, che ha vinto il palio 2019 sempre a bordo del rione del molo. Nel mezzo tanti altri vincitori discendenti di quella famiglia di pescatori venuti da Napoli tra i quali, in ordine di tempo: Gabriello Galatolo (Croce), Gianfranco Della Monaca (Valle), Stefano Galatolo Paganini (Pilarella), Luigi Galatolo (Pilarella), Adriano Picchianti (Valle), Santi Galatolo (Valle e Pilarella), Franco e Pietro Bocchia (Pilarella), Nazzareno Bausani (Croce, Fortezza e Valle), Daniele Galatolo (Croce), Stefano Galatolo Gebano (Valle). Inoltre non bisogna mai dimenticare due dei più grandi atleti nati a Porto Santo Stefano nel ‘900, vale a dire Adorno Schiano nipote di Rosina Della Monaca e Renzo Loffredo nipote di Augusto. Avremo modo di raccontare di questa autentica dinastia del Palio Marinaro nei prossimi articoli, sarà una Storia avvincente fatta di vogatori e madrine, pescatori e muratori, sego e cocomeri, canzoni e colpi di stato.

Colonna Sonora nel momento di lettura: Napoli (Franco Califano)

Nella foto: Francesco “Ciccio ” Della Monaca con il nipote Stefano Galatolo vincitore con la Pilarella nel 1960 e 1963.

Romanzo Pilarellaio