martedì, Aprile 16, 2024
Ad ogni vittoria la sua estate

Ad ogni vittoria la sua estate: 1952

Continua la carrellata delle belle stagioni collegate ai trionfi del rione del molo. Si entra nel decennio d’oro……. E’ l’anno in cui si vuole realizzare – afferma il primo ministro spretato De Gasperi – “uno stato forte”,”una democrazia protetta dalle estreme sinistre”. Difenderci dal “pericolo rosso”.

Intanto cantiamo tutti:

Vola colomba bianca vola…..
diglielo tu che tornerò…..

dille che non sarò più sola…..
e che mai più la lascerò! …..
Dio del ciel!… diglielo tu!…..

Erano gli anni e le estati di Giovanni Maria Viti, un architetto di Chieti con un ruolo importante nella Zecca a Roma. Sul finire degli anni ’20 si fece costruire una villa chiamata “La Giocondiana” in uno dei punti più belli d’Italia. Così scrisse un noto giornalista di cui non ricordo il nome sul Corriere della Sera. Il Viti fu tra i principali artefici della ripresa del Palio Marinaro e della vita culturale tutta nel dopoguerra santostefanese. Fondo il gruppo “dabb’ ass ‘a prua” e istituì il premio Lentisco nel quale ogni estate due giovani venivano gratificati a premio della migliore opera letteraria e grafica. Sua fidata collaboratrice era la dolcissima moglie Maria Teresa, da lui affettuosamente chiamata Tetè. Insieme a lei e ai due giovani marinai santostefanesi Sergio di Carolina e Nino Boschetti uscivano per le loro gite sulla loro barca “Pamela”, e spesso andavano alle spiagge a buttare i tramagli. Era innamorato del paese e della Pilarella per la quale proprio quell’anno scrisse questa canzone sulle note della nota canzone napoletana dell’ epoca “La mugliera”:

Fra tutte le contrade la più bella
quella che sopra l’altre meglio brilla
è certo questa nostra Pilarella,
luogo di pace e di serenità…
C’è la fragranza degli aranci in fiore
che con quella del mar va dritta al cuore…

Se il pesce fresco ora tu vuoi
certo lo trovi solo da noi
Se vuoi gustare un vero gelato
qui lo trovi pure affogato.
Se la vuoi spendere qualche liretta
non c’è di meglio che la Caletta
Qui ti diverti pure con la pesca
e ti disseti con l’acqua fresca!

Di mattina e pur di sera
com’è bella la scogliera…

La Pilarella ha fatto una promessa…
con la bandiera azzurra bianca e rossa
il Palio conquistar vorrà sol essa
e la promessa certo manterrà…
E quando i vincitor saran sul Molo
saranno accolti da un abbraccio solo…

La promessa fatta dalla Pilarella, a cui il Viti si riferisce nella canzone, risale all’anno prima, il 1951. Perché la vittoria di quest’anno parte da lontano, da quando Mazzacane nell’ultima corsia del Palio precedente con un colpo secco sulla murata del guzzo spezzò la bandiera. La Pilarella era stata tutta la gara avanti, ma a poche centinaia di metri dall’arrivo si dovette fermare causa un malore che colpì contemporaneamente i due centrali, Gabriello Zanna e Guido il Guitto. Indigestione di cavatelli e cocomero. Questo si disse allora. Non andammo neanche in Comune. Riunione straordinaria fuori Chiodo, dove si decise di imbarcare due nuovi giovani. I quali i giorni dopo partirono per imbarcarsi, ma si scambiarono la promessa che per la fine di Luglio, massimo i primi di Agosto si sarebbero ritrovati con l’intento di riportare la vittoria in Via del Molo.

E cosi’ fu. I protagonisti furono:
Timoniere Benedetto Costaglione detto Mazzacane
Capovoga Salvatore Castriconi detto Tuttipesci
Secondo reme Mario “Letto” Anichini
Terzo reme Pietro Anichini (entrambi detti “Pilombi”)
Quarto reme Elio Loffredo detto del Muscino

Da alcuni anni anni la gara si correva con guzzi simili fatti costruire dal Comune, guidato in quegli anni dal Repubblicano Primo Wongher detto Lampatella, e la lunghezza del percorso era stata portata a 4000 metri da percorrere in quattro corsie, il tutto comportando ben tre girate. Quell’anno la gara partì con grande ritardo perché i gavitelli di fuori non erano stati ben allineati. Vincemmo senza problemi e Mazzacane potè finalmente sventolare con orgoglio la bandiera, mentre noi rionali si ritrovammo tutti sotto il comune dove per la prima volta potemmo urlare l’inno che due anni prima aveva scritto per noi Publio Terramoccia:

Al paesello caro suono e canto la canzon
del Palio Marinaro, del più bello dei rion
perché nel mondo intero, dalle Antille al
Panamà
da Cala Grande al Molo tu non senti che cantar

Oh…non è samba nè baion
questo è solo un tarascon

Pilarella Pilarella la più bella
sei la stella dello scoglio tutto in fior
sbarazzina, tu simpatica monella
vinci il Palio coi tuoi forti remator
Va Libeccio ora sei una rondinella
e quest’anno nella coppa tutta d’or
ci berremo l’acqua della Pilarella
ci berremo il filtro magico d’ amor

Con una barca a vela ho solcato il tuo bel mar
ed all’Argentarola ho incontrato, nel sognar
una bella sirena che m’ha detto “Marinar,
la Pilarella vince sempre e a tutti fa tremar”

Oh… l’avversario non c’è più
quest’ è il gioco del cucù

Pilarella Pilarella la più bella…..

“Omsa che gambe!” Tutti si chinano, l’immagine è conturbante, induce a cattivi pensieri. E mentre le donne sognano, i maschi si chinano e guardano i manifesti dal basso verso l’alto fantasticando.

Un altra pubblicità che fece scandalo fu quella del Profumo Paglieri, dove si intravedeva che la modella ricoperta di fiori era seminuda. Non si vedeva nulla, ma anche il solo immaginar era peccato.

Mentre in America quell’estate scoppiò la Merilinmania con “A qualcuno piace caldo”. Da noi il film più visto fu “Domani è troppo tardi” di Mugny. Spaccò l’ Italia in due, perché parlava di due giovani che durante una gita scolastica vengono sorpresi e rimbrottati da una prof che li aveva scoperti a scambiarsi un bacio. Finì che la ragazza dalla vergogna si gettò nel fiume. La parte bigotta gridava: “Visto che succede a prendersi certe libertà?” ai quali i più moderni replicavano: “Vedete che accade ad essere i soliti ipocriti?”

Quell’anno ci fu il baby-boom. Anche alla Pilarella. Le giovani mamme prendono la bella abitudini di spingere le carrozzine verso lo Sconcione per far resprare ai bimbi la salutare aria dei pini e del salmastro. E passeggiano fino all’imbocco della strada per il Fanale con sosta obbligatoria dentro il cancello di Villa Baschieri a mostrare alle creature “il maialetto”.

Anche il turismo anno dopo anno aumenta. Giulia proprio quell’estate fece dei lavori importanti, con un nuovo banco per i gelati. Pio serviva dietro il banco.

Oltre a Vola Colomba, quell’etate si cantava anche Papaveri e Papere sempre di Nilla Pizzi, un’infinità di canzoni di Claudio Villa, T’ho voluto bene (ma tanto tanto tanto) di Flo Sandos, mentre il disco più venduto fu Anema e Core di Roberto Murolo, con la sorpresa del secondo posto, dimostrazione che i gusti degli italiani si aprivano di questa canzone in lingua francese di Yves Montand:

Les feuilles mortes se ramessant ‘a la pelle,
Les souvenirs et les regrets aussi
Et le vent du nord les emporte
Dous la nuit froide de l’oubli.
Tu vois, Je n’ ai pas oublie’.
La chanson que tu me chantais…..

Lennon-McCartney