giovedì, Aprile 18, 2024
Amore Impossibile

Un amore impossibile by Giorgio Severi (2ªpuntata)

Sul Molo i primi schiamazzi e i motori degli scooter si facevano già sentire. Rocco fece le scale del portone e si ritrovò abbagliato dal sole mattutino. Quale direzione prendere? A destra i camion parcheggiati in doppia fila che scaricavano per i bar e i ristoranti intralciavano le auto in transito, a sinistra in lontananza si vedevano dagli scogli diversi pischelli che sanguzzavano dalla punta del Moletto. Meglio la seconda opzione.
Santo Stefano era rinomato per il traffico e il caos estivo, imbattersi con il fumo di scarico dei motori specialmente di mattina era poco salutare. E poi perchè rinunciare ad un po di sole, magari in compagnia di qualche bella mamma del posto. Imboccò la salitella della Capitaneria e si affacciò dove la ficaia. C’era troppa gente, troppi schiamazzi. Maria la Guitta era appena uscita di casa dallo Sconcione, direzione mercato. Rocco si avvicinò a lei “Scusi signora. Oltre a questa spiaggia c’è qualcos’altro se vado più avanti?”. “Se continui dopo la curva c’è la Caletta, però anche quello è uno stabilimento balneare. Poi più avanti è tutto scoglio. C’è una spiaggetta al Siluripedio o altrimenti se prendi la strada del Faro puoi andare giù alla Madonnella e allo Stronzo d’Orlando”, disse Maria senza esitare. “Lo Stronzo cosa?” Aveva capito male o aveva sentito bene. “Scusi, ma si chiama così. E’ uno scoglio a forma di….n’somma si semo capiti”. Rocco ringraziò Maria e s’incamminò direzione Siluripedio. Lo Sconcione quella mattina era ventilato abbastanza. Fare due passi sotto l’ombra degli alberi nascondeva un po l’afa di quei giorni. Ma al Siluripedio la strada battuta e la polvere che si alzava al passaggio di qualche auto riportò le cose alla normalità estiva. Al campo di pallacanestro c’erano dei bambini che si divertivano a tirare a canestro. Forse facevano una “campana”, quel gioco che ti insegnano sin dal minibasket. “Ragazzi”, esclamò Rocco, “mi fate fare un tiro?”. Il bimbo che aveva in mano un pallone piegò le braccia per passarglielo, quando uno di loro gridò “No, il mi babbo non vole…” “Dai, solo un tiro”, controbattè il sessantenne. “E va beh, ma se me lo buchi me lo ripaghi”, e gli dettero il pallone. Strana quella richiesta. Rocco non aveva mai preso in mano un pallone da basket. Sin da ragazzo aveva fatto solo sport estremi: sci nautico, free-climbing, surf. Mai sport di squadra.
Ma quella mattina si sentiva bene, era contento. Il clima dell’Argentario gli stava facendo bene. I dolori addominali che oramai da tre anni gli rendevano la vita difficile sembravano essere spariti del tutto. Ma Rocco sapeva che prima o poi, magari la sera stessa, sarebbero tornati. Comunque prese la palla a spicchi giallo-viola, caricò le braccia e tirò. La parabola era troppo tesa ed infatti il pallone non prese niente, anzi, rimbalzo dalla parte opposto del campo, scavalcò la recinzione e fini a mare. “Lo sapevooooo, non ti dovevo fa tiràààà”, disse il bimbo bestemmiando a più non posso. “Non ti preoccupà, mi butto a mare”, incalzò Rocco. Si avvicinò agli scogli, mise le infradito da una parte e si tuffo a mare. L’acqua era freddina, magari avrebbe preferito fare il bagno in tarda mattinata, ma c’era da recuperare quella cavolo di palla da basket. Ci mise un attimo, tirò dal mare la palla ai bambini e ancorò le mani su uno scoglio per uscire dall’acqua. “Ah, porca puttana!” La mano scivolando si era imbattuta in un ferraccio rugginoso che spuntava fuori da un sasso. Brutta cosa. Si fece uno sgarro sulla parte laterale della mano. Usciva molto sangue.

-continua-

ps: ci scusiamo se qualcuno si è sentito offeso, ma non era nelle intenzioni dell’autore (come già detto alla prefazione della prima puntata del 1 settembre). Scusateci ancora una volta.