lunedì, Ottobre 7, 2024
ArticoliStorie dell'altro secolo

Storie dell’altro secolo: PIZZERIA TRATTORIA DA ZIRIO

Giugno 1973, un tiepido pomeriggio di quelli in cui ci voleva ancora il maglioncino sulle spalle. Un motoscafo color grigio topo si presentava spedito davanti al molo della Pilarella. A prima vista sembrava una motovedetta, invece era un Jaguar C53 di nome Leopard il cui equipaggio era composto da un solo uomo. Dal flybridge il turco saltò sulla prua a da fondo. Poi tornò sopra ai comandi: motore indietro e, a due metri dalla banchina, colpetto in avanti giusto a fermare l’abbrivio. Salto a poppa a tirà le cime a terra e, di corsa a prua a virà la catena. Sembrava assatanato. Sulla banchina, oltre a Zi Bubi e Lumacone, ad aspettarlo c’era l’amico di sempre Nino Castagnara: “Fa presto che Zirio ci aspetta. Stasera c’è l’inagurazione e ha detto che senza di noi non parte…”. Alle sette e mezza erano li seduti al tavolo: ” Due marinare e due birre. E un pò di vino. Di quello bono”. Mentre il resto della gente in piedi partecipava all’evento di quella estate loro due, in un angolo, occupavano l’unico tavolo al quale, subito dopo, li raggiunse Margherita per fare gli onori della casa.

Ma facciamo un salto indietro di oltre cento anni quando, proprio accanto alla fonte viveva Stefano De Pirro insieme alla moglie Angela Pieroni. I due ebbero quattro figli: Andrea, Marsilio, Cecchino e Paolo. Marsilio, sposò Elide Castriconi la figlia di Zi Augusto e Ameriga Sclano.
Dalla coppia, nel 1934, nacque un figlio a cui venne dato il nome di Zirio, il quale fin da bambino aveva una grande passione per il mare. Abitando proprio a ridosso della banchina la sua infazia la passò a caccia di polpi, granchi, murene e tutto ciò che l’acqua salata gli offriva. Dopo la guerra il primo imbarco per farsi le ossa agli ordini del comandante Lacciughino che, essendo parente, con lui oltre al bastone usava anche la carota. Ma ben presto il giovane capì che, per un problema alla vista non avrebbe potuto intrapendere la carriera in coperta, ma non si perse d’animo e ne iniziò una nuova, quella in cucina sulle navi mercantili. Dopo un breve periodo di apprendistato come garzone passò cuoco ed il guadagno incominciò ad essere considerevole aumentando ulteriormente quando assunse la mansione di cambusiere.

Nei primi anni sessanta sposò l’amore della sua vita, Anna, con cui si conosceva fin da bambino. Lei non perdeva occasione per andare da lui quando Zirio le chiedeva di raggiungerlo in qualche rada. Pulman, treno, motobarca e per finire la gabbia che la portava a bordo. A volte stava anche alcune settimane a bordo navigando da un porto all’altro nel mediterraneo. Nel 1964 ai due si aggiunse Marsilio e, nel 1968 Maurizio. Fu allora che nella mente di Zirio incominciò ad affacciarsi il desiderio di smettere di navigare ed iniziare una seconda vita fianco a fianco della famiglia. Ma Anna era titubante, gli sembrava avventato, con due bambini da crescere, lasciare un lavoro sicuro che in tanti avrebbero voluto, per un qualcosa che non si sapeva se avrebbe avuto successo.

La svolta avvenne tramite Carmine Mennella, un garzoncello di Torre del Greco che, giorno dopo giorno, gli insegnò a fare le pizze in modo perfetto. E cosa ancora più importante gli spiegò quanto fruttava, al suo paese, avere una pizzeria. Zirio fu colpito dall’entusiasmo del giovane e appena tornò a casa disse a Anna che aveva preso la decisione: avrebbe aperto una pizzeria. Il locale c’era senza pagare l’affitto. Era quello accanto al Bar Chiodo, dove il vecchio Marsilio preparava le cassette per i pesci. Ci sarebbe stato da fare qualche sacrificio all’inizio ma poi, era sicuro, ce l’avrebbero fatta considerando che a Porto S. Stefano vendevano soltanto pizza al taglio e chi voleva gustarsela al piatto era costretto ad andare ad Orbetello o a Porto Ercole. Dopo queste premesse è inutile dire che l’impatto che la nuova attività ebbe sulla popolazione e sui turisti fu notevole. Già dalla prima stagione ci furono numorose presenze non solo attratte dalla novità ma anche dalla qualità delle pizze. E poi l’aria che vi si respirava: gioviale, fresco, simpatica. I primi anni il pizzaiolo era Zirio stesso ma, ben presto decise di proporre anche piatti espressi che avrebbe cucinato lui stesso e per far ciò dovette avvalersi di un pizzaiolo che non poteva essere che colui che era considerato il numero uno sulla piazza: Giovanni Battilocchi.

Mentre lui infornava pizze, Zirio proponova un eccelso piatto di cozze alla marinara, uno spaghetto alle vongole o una zuppetta a cui diede il suo nome. Vedere Giovanni lavorare era uno spettacolo. Fascia rossa in testa faceva volare le pizze in aria tra i palloncini appesi al soffitto per poi riprendere al volo tra gli applausi dei commensali e i bambini che guardavano a bocca aperta in piedi sulla porta. Purtroppo Giovanni soffriva di depressione, aveva dei picchi altissimi di grande euforia per poi buttarsi giù con il morale in sentina. Per Zirio e Anna era come uno di famiglia. Gli hanno dato tanto ma anche lui ha dato tanto a loro. Un pomeriggio d’estate si presentò vestito da prete e li capirono che era il momento di fargli prendere una pausa promettendogli che un giorno sarebbero tornati a lavorare insieme.

A sostituirlo non fu chiamato un pizzaiolo qualsiasi ma uno altrettanto bravo e conosciutissimo nell’ambiente: Giancarlo Ballerano, in arte Lallo. Proveniva dalla Bersagliera di Orbetello, all’epoca una garanzia. Lallo era meno estroverso di Giovanni ma aveva lo sguardo dolce e il sorriso ammaliatore. E le pizze le faceva bone. Quando Lauro chiuse il souvenir accanto, Zirio e Anna decisero di comprare il locale allargando così l’attività. Ogni pomeriggio fuori il locale si formava un salottino dove le donne scambiavano qualche chiacchera. Margherita si metteva come gli uomini a cavallo della sedia con le braccia alla spagliera. Di una simpatia unica con la risata contagiosa non lasciava la postazione fino a tarda ora contando ogni cliente che entrava. Poi c’era Anna di Antognetta, Mirella con la mamma e, quando non era di quindicina, il marito Danilo Moschino, Maria la cicca che veniva raggiunta sul tardi dal gentil consorte Cagiada. Al servizio da sempre è stata preferita una presenza giovanile. Tantissimi ragazzini della pilarella hanno fatto parte della grande famiglia, ragazzi che diventati uomini hanno fatto la storia dirigenziale negli ultimi cinquantanni del rione come Angelo il bianchinello, Michele Loffredo. In cucina da ricordare Andrea di Nucci come aiutante di Zirio e Marco Ciocci.

I primi ventanni per chi in qualche modo frequentava il locale resteranno indimenticabili. Dopo Lallo ci fu il ritorno di Giovannino, ma l’atmosfera che si respirava sembrava all’insegna dell’improvvisazione. Verso le otto di sera entrava Castagnara e cominciava a gridare: “Sciopero! Sciopero!” Poi si dirigeva in cucina e vedendo Lapino su di giri lo mandava fori e si metteva lui ai fornelli mentre Osvaldo Moschino lavava i piatti. Nonostante il tanto lavoro per Zirio l’amore verso il mare non è mai andato a scemare anzi covava dentro come il fuoco nel vulcano e all’improvviso esplose con la decisione di farsi costruire una barca dall’amico fraterno Giancarlo Cerulli e alla quale naturalmente dette nome Anna. Con la barca uscivano quasi sempre in coppia, come Angelica e Canapone, e hanno passato delle stagioni bellissime. Vederli partire davanti a Chiodo era uno spettacolo. Il mondo si fermava per guardarli. Zirio amava pescare e, per amore, anche Anna partecipava. Come ogni pescatore dilettante aspettava la sua giornata di gloria.

Un autunno degli anni ottanta vi fu un entrata eccezionale di tonnetti. Una mattina uscì presto per fare rientro a pomeriggio inoltrato. Era solo e la barca era talmente a fondo che l’acqua stava per imbarcare. Chi era seduto da Chiodo e lo vide arrivare si preoccupò pensando avesse dei problemi ma, una volta a banchina, videro che la barca era piena di tonnetti. C’era posto solo per le sue gambe. Zirio era tutto sporco del sangue dei pesci e così la barca che per pulirla ci volle una settimana, mentre passò l’inverno e parte della primavera a cucinare e conservare i tonnetti in tutte le maniere. Tornando al locale, mentre la pizzeria era aperta fino a mezzanotte ed oltre, la cucina chiudeva i battenti alle dieci, e lo si capiva dalle urla che venivano fuori: ” è chiusoooo! Non c’è più nienteeee!”.

Negli anni novanta quando finiva di cucinare prendeva il motorino e spariva senza dire niente a nessuno. Per poi ritornare a mezzanotte. Una sera, due sere, una settimana poi lo seguirono. Andava al cimitero e si aggrappava al cancello per rilassarsi ed evadere dal caos del centro. Passava li un paio di ore e questo è durato fino a quando ha smesso di lavorare. Dalla metà degli anni ottanta fino a qualche anno fa la parte all’aperto del locale è stata il centro dove i rionali organizzavano la tavolata della mattina di Ferragosto. Fabio, nipote di Giovanni, veniva la mattina presto per preparare le pizze per il popolo, al quale si aggiungevano le fiche maschie e il musciame gentilmente offerto da Carlo Meazza. A proposito di ferragosto, gira su youtube un video girato una quarantina di anni fa, in cui tre o quattro fenomeni da circo buttano a mare ragazze che passeggiano. Fin qui nulla di strano essendo quella un usanza di quegli anni, solo che ad un certo momento ebbero la malsana idea di voler buttare a mare Zirio il quale all’epoca avrà avuto più o meno una cinquantina d’anni. Ma non sapevano con chi avevano a che fare e dovettero desistere rinunciando nel loro intento. Questo per dire che quando li partiva la brocca era un ossaccio duro per tutti. Solo da alcuni anni per pagare si accettano le carte di credito. Fino ad allora alla cassa stava Anna con il blocchetto nero: ” Che ciavete bello? Una margherita, un vongole, una cozze, due medie, un litro di vino, 58 e 50 famo 60 conto pari…” e preso dalla sua naturalezza gli lasciavi pure la mancia.

Non avevano la macchina, giravano con il Si e, come quando andavano in barca, era una meraviglia vederli sul motorino. Anna andava a fare la spesa a piedi ma verso mezzogiorno Zirio partiva per il Valle a cercarla. Quando la trovava lei imbarcava di traverso, con un braccio le avvolgeva la vita e in entrambe le mani teneva numerosi borse della spesa. Insieme a Gildo e Lida comprarono anche la vigna alla Carpina, meta di tante zaccandrelle tra parenti e amici intimi. è molti anni che la pizzeria è gestita da Marsilio ma si può dire che l’atmosfera e la qualità del mangiare è la stessa anche grazie a Fabio che ha continuato la serie delle eccellenze. In fin dei conti avere avuto tre soli pizzaioli, quattro con Zirio, in più di cinquantanni è segno di continuità e che lavorare con loro è bello. Ancora oggi non si accettano prenotazioni ma in estate c’è da fare la fila per mettersi a sedere. è stata la prima pizzeria in paese, oggi solo tra la piazza e il molo ce ne sono 5 più altrettanti ristoranti. Lavorano tutti ma, tra una pizza mangiata da Lapino e una dagli altri c’è la differenza che c’era tra un maglioncino comprato da Mariangela e uno al mercato.

 

“è un cattivo cuoco quello che non sa leccarsi le dita“ (William Shakespeare)
Ciao, Una rotonda sul mare il nostro disco che suona.