venerdì, Aprile 19, 2024
Ad ogni vittoria la sua estate

Ad ogni vittoria la sua estate: 1970

La fine dei Beatles, la fine di un decennio, la fine di una filosofia di vita. Il disco non era granchè, forse i Beatles avrebbero meritato un commiato migliore, ma chissà. Forse un grande album avrebbe reso il dolore dei fans e il loro rimpianto maggiore. Quell’estate entrarono per l’ultima volta nelle classifiche di tutto il mondo, anche da noi, con questa canzone:

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Da ora in avanto basta Beatles, basta Love&Peace, basta cazzate. Basta viaggi in India, basta film e cartoni animati, basta vita in comune, basta condividere tutto. Ora, ognuno per se e il dio del Rock per tutti:

(video non disponibile) Jimmy Page – White Summer

A parte la guerra mai eravamo stati tanti anni senza vittoria. Al Molo ci eravamo abituati bene. Troppo bene. Ma la seconda metà degli anni sessanta, portarono una rivoluzione nel mondo, nell’Italia, a Porto Santo Stefano, alla Pilarella. Per questi motivi, l’odierna puntata sarà un po’ più lunga del solito e ci scusiamo anticipatamente chi dovesse annoiarsi.

Dicevamo della Pilarella. Quella che ritroviamo a sei anni di distanza dalla precedente puntata e completamente nuova. Chi si fosse addormentato nel 1964 e svegliato agli albori di questa estate lontana a stento avrebbe saputo riconoscerla. Le friggere e i magazzini avevano lasciato posto ad agenzie immobiliari e negozi di abbigliamento, i barroccini erano sempre di meno, forse due, le macchine parcheggiate sempre di più, forse quindici. Giulia nel 1968 dopo più di 40 anni di servizio lascia il bar. Ad acqistarlo un signore portercolese con la faccia ribizza, con i capelli ricci. Si chiamava Marsilio Rispoli. A trarne vantaggio fu Carlo di Cacaceci che ne sposò la figlia, una graziosa fanciulla che stava dietro il banco. Il postale non c’era più e al posto dei garagi di Ballantino, aprì la Veleria di Andrea e la Booutique Splash Down.
Proprio quell’anno chiude la sala giochi di Via del Molo. Per circa tre anni era stata il punto di ritrovo dei giovani che vissero il nostro 68. Il guardiano era Arturo. Giulia e Andrea chiuso il barre aprirono il tabacchino proprio ad angolo in un loro magazzino. Nell’altro magazzino, accanto al bar di Lina, dove teneva i mestieri Vittorio la Serpa, lo usava Andrea come garage alla mitica cinquecento. Intanto i panfili che si ormeggiavano erano sempre più grossi. L’ammiraglia era senz’altro il “Quattro Venti” comandato da Ilio Cerulli, in arte Nappone. Ilio era un uomo di una simpatia unica. La barca raramente usciva ed era ormeggiata dove una volta stava l’Aegiglium. A volte certe sere i padroni organizzavano delle feste a bordo. E voleva che anche Ilio e Giovannino stessero vestiti eleganti a poppa ad aspettare i signori. Una notte una dama, salendo a bordo, pose la mano ad Ilio dicendogli: “Buonasera Sig.Marchese…”. Nappone portò galantemente la mano della signora ad un soffio della sua bocca, sfiorandola leggermente con le labbra e rispose: “Ma quale marchese signora…io nso manco sangue dal naso…”. Un altra imbarcazione caratteristica dell’ epoca era quella a forma di casa che veniva sempre ogni settembre. Era quella di Toto Gavurre.

Intanto al Moletto il Juke Box non stava mai zitto. Mi ricordo che eravamo tutti intorno. 100 lire 3 canzoni. Io mettevo sempre queste:

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Quell’estate non si può dire che sia stata un’estate tranquilla. Era cominciata con l’arresto per droga di Walter Chiari e Lelio Luttazzi ed era proseguita con le dimissioni del governo Rumor e con l’incarico a Giulio Andreotti dopo 5 giorni. Incarico che verrà poi dato ad Emilio Colombo, 12 giorni dopo, per l’abbandono dello stesso Andreotti. Poi scioperi a non finire. Il 14 Luglio quando viene confermato Catanzaro città capoluogo della Calabria, a Reggio scoppiò una rivolta capeggiata dal tribuno Ciccio Franco, iscritto al MSI. I partiti sono contestati in blocco e nelle piazze per protesta si bruciano i giornali come l’Unità e il Secolo d’Italia. Lo slogan che caratterizza questa rivolta farà epoca: Boia Chi Molla! Con tanto di punto esclamativo alla fine.

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Verso la metà di Luglio un fatto di cronaca nera investirà L’ Italia. Il marchese Camillo Casati Stampa uccide la moglie Anna Fallarino e un ragazzo venticinquenne, Massimo Minorenti, dopo che si era creato fra loro un torbido menage del tutto particolare. Cinque colpi di Browning e poi si spara pure lui. I giornali si buttarono a capofitto rovistando nelle pieghe più intime della vicenda e pubblicando delle foto della povera Signora Fallarino degne di riviste come Le Ore o Caballero.

C’è poi una storia davvero singolare in questa estate che io e McCartney vi stiamo raccontando, quella di Antonio Mellino, detto Agostino ‘O Pazzo. Agostino naturalmente in omaggio al grande Giacomo Agostini, ‘o Pazzo perché il comportamento del tipo era al quanto singolare. La penultima domenica di Agosto, verso mazzanotte Piazza San Ferdinando a Napoli, è messa sottosopra da una motocicletta. A cavalcarla un ragazzo di 17 anni. Tutto nasce per una protesta contro la polizia che per difendersi da una serie di furti, decide di usare il pugno di ferro contro tutte le motorette che per legge non sono obbligate a portare la targa, se pescate con un passeggero in più oppure se truccate. In meno di un mese verranno sequestrate più di 500 motociclette. E’ a questo punto che sale alla ribalta questo Masaniello ’70, riconoscibile per la maniera spericolata di guidare e per il giubbotto di finta pelle nera completamente aperto sul petto stile Easy Rider. La moto usata è un 125 truccato. Da quella sera di Domenica, Agostino ‘O Pazzo compare regolarmente nel centro di Napoli diventando l’incubo dei turisti, dei napoletani bene e della polizia. Con le sue acrobazie stunt, dai semafori rossi imboccati a 120 all’ora al vezzo di procedere a tutta birra contromano. Esibizionista, all’alt strappava al volo la paletta di mano al poliziotto fino alle pernacchie nel cortile della caserma dei caramba costringendoli ad inseguirlo in piena notte. Polizia e carabinieri organizzeranno numerosi posti di blocco che faranno nascere zuffe e tafferugli bestiali, e code lunghe km e km. Una tensione che rallenterà l’ attivita dei ladruncoli, dei borsaioli, dei contrabbandieri, delle prostitute. In un attimo tutto cessa e si torna alla normalità. La Tv si accorge della situazione a bocce ferme, quasi si fosse trattato di una goliardata estiva e non di un vero tentativo di rivolta di uno stato sociale delinquenziale, frenato solo quando la malavita si stancò del giochetto. Ma nel frattempo si contano i danni: 56 feriti, 57 arresti, 221 fermati e 700 agenti mobilitati giorno e notte per la caccia ad Agostino ‘O Pazzo, che verrà arrestato mentre era a bordo di una macchina insieme ad alcuni amici.

Le gesta di Agostino ‘O Pazzo, fecero si che emuli crescessero in ogni parte d’Italia. Anche noi ne avevamo uno, era della Pilarella. Si chiamava Marietto. Marietto il Siciliano. Bella faccia, a metà tra il giovanissimo Alain Delon del Gattopardo e il Franco Gasparri dei fotoramanzi tanto in voga all’epoca. Marietto indossava anche lui il giubbotto di pelle nera, ma in estate sgaloppava con il torso completamente nudo. Cavalcava un Honda. Sempre l’ultimo tipo. Sempre nera. Appena comprata la porta da Giulia. La lasciava fuori mentre lui andava al banco per una birra, e a distanza orgoglioso guardava gli amici che si avvicinavano a guardarla, a toccarla, a sognare di guidarla. Poi si avvicinava e con nonscialance ne descriveva tutte le meraviglie. Spuntava sempre a tutta birra da sotto la Pace, ma il rombo si sentiva già quando era ancora alla Gincana. Poi davanti alla pedana di Giulia si fermava. Aspettava che tutti si alzavamo per applaudirlo ed incitarlo e ripartiva a razzo sulla sola ruota posteriore e con l’impennata arrivava fino a svoltare la Capitaneria. Memorabili i Ferragosto quando portava fra le gambe il serbatoio una grande bandiera della Pilarella e si faceva a velocità sostenuta tutto il paese dal Pianetto al Siluripedio passando da Via Roma.

La canzone che trionfò quell’ estate fu quella che rilanciò, dopo anni di penombra, il grande Domenico Modugno. La scrisse una giovanissima Enrica Buonaccorti, ed iniziava con un suono di sirena…

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Jeux Sans Frontieres! Spiel Ohne Grenzen!! Giochi Senza Frontiere!!! Queste tre parole urlate in lingue differenti al termine della sigla iniziale ci portavano dentro a quell’appuntamento immancabile dei mercoledì sera estivi. Da tutte le finestre, dal Molo al Poggio Briaco, dall’Appetito a Lividonia, uscivano le voci di Giulio Marchetti e Rosanna Vaudetti che ci parlavano di jolly e di fil rouge, degli arbitri Gennaro Ulivieri e Guido Pancaldi, di amaonreale e Abano Terme. Ci appassionavamo così tanto che le nostre voci superavano quelle della televisione.

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La televisione trasmetteva, proprio in quel Luglio, lo sceneggiato “Racconti di mare”, regia di Nestore Ungaro. Stavamo tutti incollati alla tv, perché fu girato nelle due estati precedenti all’Argentario. Furono estati in cui il Molo sembrava diventato Cinecittà. La barca era l’El Chico, che sembrava una
barca dei pirati. Era ormeggiata davanti alla Locandina. Già alla mattina alle sei la banchina si riempiva di attori, comparse, tecnici. Arrivavano con moto roboanti e chi stava li tra loro e Cocorito non c’era verso di dormì. Gia alle sette riempivano il Bar Giulia e ci fu anche chi trovò il marito come la sorella di Raffellone che sposò l’aiuto regista.

Dicevamo che la vittoria mancava da sei anni. Nel mezzo tre secondi e due quarti posti. E sopratutto la prima coppa d’oro assegnata al Rione Valle, che dobbiamo dire fosse un dei più grandi equipaggi finora visti. Quell’anno il nostro equipaggio era così composto:

Timoniere: Primo Minutolo
Capovoga : Erasmo Diodati detto Tartaruga
2 reme : Santi Galatolo detto Cianti
3 reme : Pietro Bocchia detto di Felicina
4 reme : Franco Bocchia

C’erano dunque due fratelli e un cugino. Equipaggio made in Pianetto. E quell’anno Nino il Nero, avendo tre nipoti a bordo, si trasformò in direttore sportivo. Non si perse un allenamento, seguendo con la sua barca il guzzo. Il 15 andò alla sfilata come sempre con Bigo tutto infiocchetato, e abbracciava i ragazzi baciandoli continuamente e dicendo: “Belli li mi nipoti”. Fece tutto lui, gli stroppi, l’insegatura e remò il guzzo dalli scali al moletto per imbarcà i ragazzi. La giornata era bellissima. Una delle più belle mai fatte. Vincemmo e fu sbornia colossale. Pure Bigo era briaco quella notte.

Una sera di luglio sembrava che il paese fosse deserto. Al Molo non c’era anima viva . Eravamo tutti davanti ai televisori. C’era Italia Germania:

L’Italia al femminile, quella dei musicarelli, di canzonissima, dei fotoromanzi, trepidava invece per le nozze a sorpresa fra Albano e Romina. Lui contadino e lei figlia di uno dei grandi divi di Hollywood. Si sposarono a Cellino S.Marco paesino di lui:

Negli anni sessanta iniziarono due spettacoli musicali: il Cantagiro e il Festivalbar. Il primo dopo gli anni esaltanti era ormai alla fine. Infatti io mi ricordo che quell’anno lo guardavo solo per le cosce di Katty Line.
Il Festivalbar era invece in grande ascesa. Volti nuovi e all’avanguardia. La classifica veniva fuori dai dischi pigiati al Juke-box. E quell’anno ci fu la novità dei dischi di musica classica. Cosicchè accanto ai Profeti, Mina e Patty Pravo, si trovavano le arie di Vivald , Papatanassiou e Mozart. Vinse per il secondo anno consecutivo quello che a mio parere è stato uno dei più grandi musicisti italiani. Uno sempre all’avanguardia, testi a parte. Tra i gruppi si confermano i Camaleonti e i Dik Dik. Tra i “verdi ” si mette in luce un giovane, un certo Claudio Baglioni con ” Una favola blù” e tra i nuovi gruppi i Pooh. Ma ecco la canzone vincente:

Anche la pallanuoto riprese la sua attività sul finire dei sessanta. Si giocava al Messico, luogo che prende il nome dal ristorante che aprì in quegli anni dove c’era l’alimentari di Maria di Mirto. C’erano ben due società: la Carlo Loffredo di fede repubblicana e la Libertas di fede democristiana. Si giocavano dei gran derby di serie C. In acqua erano botte da orbi. Fuori si tornava amici. E facevano la doccia ai cannoni. Cannoni che proprio quell’anno sparirono. Durante dei lavori di manutenzione, uno per paura che gli operai li facessero sparì, se li portò a casa. Per precauzione. Comunque proprio sul finire di quell’ estate le due società si unirono e sotto la guida di Enrico Zolesi rinacque la Rari Nantes Argentario.

Anche il capolinea della Roma non era più in Piazza. Tana si trasferì al Valle e al suo posto aprì il forno di Pettola. Un’altra pizzeria aprì accanto a Chiodo. La famiglia Chiti da Grosseto, la gestiva. Faceva anche i polli arrosto.

Ricordo che le domeniche in Piazza venivano dei napoletani. Babbo e figlio. Allestivano una specie di altarino, lo riempivano di oggetti, e poi vendevano delle buste, dentro le quali c’era scritto uno dei premi. Poi si apriva una specie di asta. Ricordo che c’era sempre l’incubo di avere nella busta “a tigre”. Comunque intorno a loro c’era sempre un sacco di gente. Ricordo che vennero per molti anni.

Quell’estate al Cinema Giardino andavano i film strappalacrime come “Love story”, e la risposta italiana “Anonimo Veneziano”, un film di Enrico Maria Salerno, con Tony Musante e Florinda Bolkan. Un film da ricordare per lo splendido finale, quello del concerto oboe:

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Il libro “Il signore degli anelli” di Tolkien

L’oggetto il floppy disc, messo in commercio dall’ Ibm

Il 25 agosto raduno hippy a Wight: 5000.000 ragazzi invadono pacificamente l’isola

Il sei gennaio 1967 iniziò la hit parade radiofonica. Si faceva di venerdì alle 13. Correvamo tutti a sentirla. La presentava Lelio Luttazzi. Nuovi termini divennero in voga: “nuova entrata”, “damigella d’onore”, “il podio”. Quel 15 Agosto 1970 la classifica era la seguente:

1 La lontananza Domenico Modugno
2 Insieme Mina
3 Fiori rosa fiori di pesco Lucio Battisti
4 Lady Barbara Renato dei Profeti
5 Viola Adriano Celentano
6 Tanto pe’ cantà Nino Manfredi
7 Fin che la barca và Orietta Berti
8 L’ isola di Wight Dik Dik
9 The long and winding road Beatles
10 Settembre Peppino Gagliardi

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Lennon-McCartney