venerdì, Marzo 29, 2024
Notizie

Stili di vita: il Signor Di Fraia

Il Signor Di Fraia è il proprietario della mitica barca della Sampdoria che in ogni dì di festa ci regala un sorriso, era da tempo che architettavo una sua intervista, delle dichiarazioni da poter mettere all’interno della mia cara rubrica “Stili di Vita”. L’ho beccato mentre andava ad incavolarsi col sindacato che, a suo dire, gli frega mezza pensione ogni mese.

Credevo fosse più complicato convincerlo a parlare della sua barca, invece ha accettato con un certo entusiasmo il mio invito:

Signor Di Fraia, può farci un breve contesto storico della sua mitica imbarcazione blucerchiata?

Era il '61, avevo 11 anni, ed ero tifoso della Sampdoria di Cucchiaroni e Delfino, e rimasi affezionato oltre che alla squadra anche ai colori blucerchiati.
La prima “barca” di mia proprietà fu un chiattino (una fragilissima imbarcazione ndr) che prima era di Riccardo Manzoni, e nel '65 me la vendette per 2000 lire, poi dopo qualche anno la vendetti a Fiorenzo il macellaio che la usava per recuperare i palloni in mare, in occasione dei tornei tra ragazzi.
Poi nel 1983 mi comprai uno scafo ligure che chiamai col nome di mia moglie Rosa e parlando con un mio amico genovese che affittava le case estive per i giocatori della Samp, gli parlai di fare una barca di soli colori blucerchiati.
Ne parlai anche con la buon anima di Eolo Lacchini, che non sembrava colpito da questa proposta, pensava che avessi fatto una barca più simile a un carretto siciliano che a un guzzo.
Nel 85/86 ho cominciato a fare le prime bandiere sulla barca, bandiere della Pilarella e nel frattempo lottavo per i posti barca, davo una mano ad “Amici del Guzzo”, poi però hanno fatto scelte sbagliate e me ne sono disinteressato.
La barca che avevo allora cominciò a darmi problemi, perché faceva acqua dalle tavole, e nel '99 comprai Sampdoria, la barca che ho adesso, da Francesco Della Monaca.

Qual'è stata la più grande soddisfazione che si è tolto con Sampdoria?

Quest’anno sono stato in mare una sola volta per la consegna dei guzzi, e sono stato premiato con un piatto d’argento per la barca più caratteristica.

Tutto questo per lei è un grande sacrificio, cosa la spinge a continuare?

Lo faccio per amore, è una cosa che sento dentro e su cui ho speso molto, magari un giorno sulla mia barca ci faranno un libro.

Progetti per il futuro?

Il prossimo anno, per le barche d’epoca, mi voglio presentare con una grande pergamena e una scritta in dorico: Sampdoria, poi voglio mettere anche una foto dell’Italia campione del mondo con l’autografo di Marcello Lippi.

Ci racconta un aneddoto legato a Sampdoria?

Era il 31 Marzo del '98, ero a Capo d’Omo a pescare con la barca, mi scappa un bisogno, allora fermo il motore.
Una volta fatto, cerco di riaccendere il motore, che però non ne voleva sapere di ripartire.
Allora mi toccò farmela a remi, 4 ore di voga, perché non passò nessuna barca che mi poteva trainare. Arrivai alle 10 e mezzo di sera, con mia moglie e la capitaneria che mi davano disperso.

C’è stato invece un momento in cui, per colpa di Sampdoria si è preso qualche incavolatura?

Nel 2004, al pranzo del 14 Agosto, mia moglie aveva preparato la pasta con le aragoste.
A un certo punto suona il telefono, ed era la capitaneria che voleva farmi spostare immediatamente la barca che avevo lasciato davanti a Giovanna dei fiori.
Allora mi sono arrabbiato, ho dovuto lasciare la pasta a metà, ho disormeggiato Sampdoria e ho fatto un giro di rabbia davanti al comune suonando ripetutamente le sirene, a quel punto ho buttato l’ancora davanti alla posta, mi sono tuffato a mare, ho raggiunto la riva e sono tornato a casa dal mio piatto di pasta, ormai freddo.

E la barca? La lasciò davanti alla posta?

Si, il tempo di finire di mangiare che mi sono ributtato e l’ho ormeggiata in sicurezza.

Lei ha sempre tenuto a mettere in risalto su Sampdoria le bandiere della Pilarella, solo perché i colori sono uguali o per qualcos’altro?

La Pilarella per me è come una figlia, amo la Pilarella, anche se ora è un po’ come il Lussemburgo nel calcio.

E del passato dell Pilarella, un passato che lei ha vissuto, c’è qualcosa o qualcuno che le è rimasto nel cuore?

Carlo Loffredo mi è rimasto nel cuore, a volte ci incrociavamo con le nostre barche a pesca e ci sfottevamo: lui mi rimproverava che gli levavo le lampughe, io gli dicevo che non era bono.

C’è qualcosa che proprio non le va giù?

Dopo una vita in mare a girare il mondo volevo legare la mia pensione alla pesca nel nostro mare, ci sono riuscito in parte, perché ci sono leggi assurde, ma mi accontento così.

Lei è forse il massimo esponente del folklore paesano, come spiega la sua evoluzione (o meglio, involuzione) nel tempo?

Io abitavo in via Aia del dottore, e nei giorni vicini al palio, facevamo le guerre davanti alla villa degli ebrei, guerre di gavettoni, ma ogni tanto volava anche qualche sasso.
Eravamo nati per giocare, oggi è diverso, il folklore è sparito.
Mi ricordo un carro dei primi anni '60 fatto dai pilarellai, ci mettemmo le rezze in testa,e con delle scope facevamo i vogatori.
Poi ricordo che la Fortezza organizzava la corsa degli asini nel tratto tra il piazzale del forte fino alla Lucciola, e per smuovere sti somari gli mettevano davanti una cavalla: non correvano, ma per un po’ trottavano.

Un desiderio che vorrebbe vedere realizzato?

Vorrei ancorare Sampdoria davanti alla piazza quando la Pilarella fa la cena del 10 Agosto, vorrei addobbarla di sole bandiere pilarellaie.

Una figura interessante, quella del Signor Di Fraia, una persona che con il suo contributo porta l’Argentario nel mondo, e non si creda che questa affermazione sia esagerata, perché è lui stesso ad avere a casa la prova che americani e australiani hanno portato Sampdoria oltreoceano.
Quello di Di Fraia è un contributo indispensabile, che lui non percepisce come dovere, ma come qualcosa che ha nel sangue, qualcosa che quando era lontano nei giorni d’Agosto lo tormentava.
Ed io ho adempito al dovere di annotare i suoi ricordi e le sue emozioni per questo sito così antidemocratico, in cui vige la dittatura dei sentimenti che un tempo fu gioia.

 Filippo Ingrosso